“A Messina nun c’è nenti” Ecco perché ti sbagli…

Città di Messinacittà di messina-fontana OrioneCittà di Messina-Dina e ClarenzaCripta del Duomo
Quando manca il senso di appartenenza e identità

Spessissimo i Messinesi pronunciano la famosa frase dialettale “A Messina nun c’è nenti”, per indicare una fantomatica “assenza” di qualcosa che nemmeno loro saprebbero definire. Si tratta essenzialmente di un luogo comune diffuso, determinato alle volte da ignoranza o indolenza. Se si nega la bellezza e la storia della città si nega anche la necessità di tutelarla e prendersene cura. Più facile, quindi, lamentarsi e comportarsi con indifferenza ed incuria. E’ purtroppo vero, però, che i cittadini di Messina hanno in gran parte perso il senso di appartenenza così come la città ha smarrito la sua identità. Aleggia ancora, malgrado sia passato più di un secolo, il dolore e la frustrazione collettiva successiva al devastante terremoto del 1908.

Passeggiando per Messina…

Una breve “escursione” cittadina dimostrerà quanto sia falso il noioso e comune gergo dialettale “nun c’è nenti”.

Iniziamo dal Duomo, sito nel centro storico e fatto edificare da re Ruggero II, vanta più di 900 primavere! Capolavoro dell’architettura normanna è stato arricchito nei secoli da elementi tipici dello stile gotico e del barocco. Al suo interno è custodito l’omonimo tesoro, una raccolta di oggetti preziosi di carattere religioso, testimonianza della maestria degli orafi e degli argentieri della città. Il pezzo più prezioso del tesoro è la cosiddetta “Manta d’oro” che riveste la Madonna, raffinato esempio dell’arte orafa del XVII secolo.

La parte più suggestiva della cattedrale, a parte la splendida ma poco conosciuta cripta, è il campanile che contiene il più grande orologio meccanico e animato al mondo. Per vedere in movimento questa meraviglia, costruita nel 1933 dalla ditta Ungerer di Strasburgo, l’appuntamento è a Piazza Duomo alle 12.00 in punto. Ammireremo, così, in movimento i più importanti simboli metropolitani, come il leone rampante, le eroiche Dina e Clarenza, la storia della Madonna della lettera e il gallo, simbolo del risveglio della città. Il campanile della Cattedrale è da sempre luogo di attrazione turistica e dispiace che non sia diventato per i messinesi emblema della rinascita cittadina dopo la distruzione del 1908.

Capolavori messinesi di Giovanni Angelo Montorsoli

Dopo l’emozionante spettacolo dell’orologio, giriamo lo sguardo per ammirare quella che è stata definita “la più bella fontana del ‘500 Europeo, ovvero la Fontana di Orione, ulteriore fiore all’occhiello della città dello Stretto, rappresenta, come il nome suggerisce, la figura mitologica di Orione con ai piedi il suo cane Sirio. Sotto, 4 puttini che cavalcano delfini dalle cui bocche esce acqua che si riversa nella tazza sottostante. Seguono 4 naiadi e 4 tritoni in vasche sempre più grandi. Poi una grande vasca dodecagonale con 4 statue raffiguranti i fiumi Tevere, Ebro, Camaro e Nilo, oltre ad otto magnifici bassorilievi con rappresentazioni di miti relativi alle trasformazioni in presenza dell’elemento acqua, tutti tratti dalle Metamorfosi d’Ovidio.

E’ davvero un peccato che la maggior parte dei messinesi conosca piazza Duomo solo come punto di ritrovo serale!

Il Lungomare

Se ci dovessimo dirigere verso il mare, invece, potremmo entusiasmarci alla vista della Stele della Madonna della Lettera posta all’ingresso del porto di Messina, sul Forte cinquecentesco del Santissimo Salvatore, nella punta estrema della penisola di San Raineri.

La Stele è uno dei monumenti più amati della nostra città perché “narra” la storia della santa patrona di Messina, la Madonna della Lettera. Nel suo basamento, infatti, sono incise le parole di protezione che la Vergine Maria rivolge a tutti i messinesi:

VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS

La statua bronzea della Madonna, posta in cima alla stele, infine, completa la storia, rappresentando la Vergine Maria che benedice la città mentre impugna nella mano sinistra la lettera consegnata all’ambasceria messinese.

A questo punto, se osservassimo meglio il forte, che ospita la stele mariana, potremmo “rivivere” importanti momenti del passato. Il forte del Santissimo Salvatore è infatti chiara testimonianza dell’importanza strategica e militare che la città ha rivestito nei secoli. Nel 1537 l’imperatore Carlo V ordina la costruzione di un importante sistema di difesa… ed è così che noi oggi possiamo ammirare, nella penisola di San Raineri, anche la Lanterna, torre con funzione di faro portuale progettata ed edificata, ancora una volta, dallo scultore fiorentino Giovanni Angelo Montorsoli.

Sempre del Montorsoli è la Fontana del Nettuno posta più o meno di fronte alla Stele della Madonna della Lettera. La scultura, realizzata nel XVI secolo, ritrae, oltre al dio Nettuno e ai terrificanti mostri marini Scilla e Cariddi, antichi miti greci e simboli del folklore messinese,  anche quattro cavalli marini, quattro stemmi e otto mascheroni. Il protagonista della scultura è posto al centro, brandisce un tridente con la mano sinistra, mentre con la destra esercita il proprio potere sui due mostri poc’anzi citati.

Importante e secolare centro culturale

Non dimentichiamoci che la nostra, almeno un tempo, è una città per gente colta! L’Università degli Studi di Messina risale infatti al 1500 circa.

Rinomato era anche il teatro cittadino intitolato a Vittorio Emanuele II dopo l’unità d’Italia. Il palazzo è caratterizzato da un portico di ingresso a tre arcate, sulla sommità campeggia un’importante scultura in marmo raffigurante “Il tempo che scopre la Verità e Messina”. La storia del teatro è purtroppo l’esempio più tipico della perdita di identità messinese. Reso inagibile dal più volte citato terremoto del 1908, il teatro è rimasto chiuso al pubblico fino al 1985!

La nostra città è rimasta priva di una struttura teatrale, quindi, per più di settant’anni. Nel frattempo sono cambiate tradizioni e abitudini dei messinesi e la città ha perso d’importanza come centro culturale. In tal senso risulta anche poco valorizzato l’immenso affresco di Renato Guttuso che decora, dopo la ristrutturazione degli anni’80, il soffitto interno e rappresenta la leggenda di Colapesce.

Se non fossimo stanchi di passeggiare potremmo ancora visitare, la chiesa della Santissima Annunziata dei Catalani, Palazzo Zanca, sede del municipio, il Monte di Pietà e la Galleria Vittorio Emanuele III. Allontanandoci dal centro, un passaggio obbligato sarebbe il Sacrario Cristo Re, da cui potremmo ammirare uno splendido panorama…

Siamo dunque sicuri che a Messina non ci sia davvero nulla da vedere? I greci e gli arabi hanno lasciato in città, così come i normanni, opere d’arte di un livello inimmaginabile… Pensate prima di dire “A Messina nun c’è nenti”!

Davide Bongiorno 4 D Biotecnologie Ambientali

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